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Pregiudizio, luoghi comuni ? C'è chi dice no

Dopo la pubblicazione di un testo qualche giorno fa...

Gentile direttore

le scrivo sollecitato da un fondo quantomeno discutibile e pieno di luoghi comuni ospitato dal suo giornale per condividere l'impegno che anima molte componenti della società civile parmense, compresa anche la Cisl che, insieme a CGIL e UIL, ha lanciato a questo scopo la recente iniziativa pubblica “Il lavoro sconfigge la paura”, per un cambiamento dell’attuale narrazione sul complesso fenomeno dell'immigrazione che ne riconosca oltre ai problemi che sono spesso amplificati a dismisura, anche la 'normalità' e i benefici per la nostra intera società nel cambiamento epocale che stiamo vivendo.

Non è la mia un’inutile difesa d’ufficio dei tanti iscritti lavoratrici e lavoratori immigrati della mia o di altre organizzazioni, ma un senso di indignazione per chi non si rende conto di offendere con le proprie tesi oltre che l’intelligenza anche la dignità e il lavoro di tante persone che fanno parte integrante della nostra comunità locale, arrivando a strumentalizzare tutto, persino la religione.

Potrei parlare di valori civili ed altro, ma per essere concreto e rispondere all’interrogativo finale posto dall’articolo in questione mi limito qui al solo aspetto dell’economia, cioè dell’apporto degli immigrati ai sistemi economico e di welfare del nostro Paese.

Secondo il Rapporto annuale sull’immigrazione della Fondazione “L. Moressa” nel nostro paese si registrano 5 milioni di stranieri, pari all’8,3% della popolazione totale, percentuale più bassa rispetto ad altri paesi europei, mentre la popolazione con origini straniere supera i 7 milioni (11,8% della popolazione totale), dei quali 401.000 sono immigrati presenti ma non iscritti all’anagrafe (Ismu) e 404.000 sono irregolari (Ismu). Da notare che i cosiddetti richiedenti asilo non sono irregolari; quello che è irregolare in alcuni casi è solo l’ingresso.

Dai dati dell’UNHCR (Alto Commissariato della Nazioni Unite per i Rifugiati) a livello mondiale nel 2015 sono state costrette alla fuga 65,3 milioni di persone, ma i primi paesi di accoglienza non sono tanto quelli europei bensì Turchia (2,5 milioni), Pakistan (1,6 mln), Libano (1,1 mln), Iran (949.400), Etiopia (736.100) e Giordania (664.100).

In Italia nel 2016 sono sbarcati 181.436 immigrati, dato in aumento rispetto al 2015; l’accordo tra UE e Turchia del marzo 2016 ha infatti rallentato gli ingressi di migranti dalle rotte verso Grecia e Ungheria, riaprendo la rotta mediterranea verso l’Italia. Nei primi 8 mesi del 2016 l’Italia è il secondo paese europeo per richieste d’asilo (72 mila; 8,4% del totale), la maggior parte delle quali fatte alla Germania (536 mila; 62% del totale).

A livello anagrafico oggi gli stranieri sono più giovani degli italiani: nel 2015, tra gli italiani la popolazione in età lavorativa rappresentava il 63,2%, mentre tra gli stranieri il 78,1%. Il peso della componente anziana è molto elevato per gli italiani, per cui, in assenza di migrazione, nel 2030 la popolazione Ue diminuirebbe dell’1,9%, scendendo sotto quota 500 milioni. Ancora più drastico il calo demografico in Germania (-7%, da 81 a 75 milioni) ed in Italia (-5%, da 60 a 57 milioni) paesi dove si perderebbe soprattutto forza lavoro, poiché per l’Italia si tratterebbe di una perdita di 4,3 milioni di persone in età lavorativa, e ancora peggiore sarebbe la perdita in Germania (-9 milioni).

Il 58,6% degli stranieri vive nel Nord mentre solo il 15,9% nelle regioni del Sud. La regione con la maggiore presenza è la Lombardia col 23%, segue il Lazio (13%) e l'Emilia Romagna (11%). Rapportati sulla popolazione locale, nel Nord/Centro incidono attorno al 10%, nel Sud per il 4%, e non mancano comuni con il 30% di stranieri (Baranzate, MI).

Le nazionalità più numerose sono quella rumena (1,1 milioni, 22.0%) quella albanese (468.000, 9,3%) quella marocchina (437.000, 8,7%).

Da considerare rispetto al processo di integrazione possono essere le 178.000 acquisizioni di cittadinanza del 2015, il 9,5% di alunni stranieri presenti nelle nostre scuole nell’a.s. 2015/2016, i 750-800.000 giovani di seconda generazione (un centinaio di essi nel 2013 hanno svolto il servizio civile nella nostra regione nei comuni del cratere del terremoto) e i matrimoni misti del 2015 dove nel 12,4% dei casi almeno uno sposo è straniero.

Quanto al diffuso slogan “ci rubano il lavoro” occorre anzitutto notare che mentre gli occupati stranieri in Italia sono 2.359.065, i disoccupati italiani risultano ben 2.577.137, e che italiani e stranieri fanno lavori diversi in quanto l’occupazione straniera è molto segregata e concentrata in pochi settori; il 64% degli occupati stranieri si colloca infatti nella maggior parte dei casi in professioni non qualificate. L’occupazione straniera non è infatti un’occupazione di qualità ed è spesso legata sia alla necessità di non rimanere inattivi vista la mancanza di fonti di guadagno alternative o del supporto dato dalle reti familiari, sia alla necessità di essere occupati per avere o rinnovare il permesso di soggiorno.

Tuttavia il cambio generazionale di questi anni ha favorito la scolarizzazione: nel 2015 in Italia hanno compiuto 20 anni 567 mila giovani, mentre hanno compiuto 65 anni 732 mila persone. Ma mentre solo il 30% di chi è nato nel 1950 ha studiato oltre la terza media, nei 20-enni questa percentuale supera l’80%. Questa sfasatura ha portato molta competizione tra i lavori qualificati ed l’uso di manodopera straniera per i lavori manuali. Uno straniero nel 2015 guadagnava il 23,1% in meno di un italiano (1300€ / 1000€) e per raggiungere lo stesso livello retributivo avrebbe dovuto lavorare 80 giorni in più all’anno. Questo gap retributivo deriva da un insieme di fattori come la professione poco qualificata, l'occupazione in settori poco produttivi e la frammentazione delle carriere lavorative che limita le progressioni legate all’anzianità. Il divario è maggiore per le donne che sono quindi esposte a una doppia forma di segregazione occupazionale, nelle classi d’età più anziana e nel settore dei servizi. In ogni caso gli occupati stranieri nel nostro paese sono 2.359.065 (10,5% degli occupati totali) e il fenomeno ha aspetti positivi e negativi:

+ PIU’ OCCUPATI: il 47% della popolazione immigrata è occupata, gli italiani il 33%

+ MENO INATTIVI: solo il 2,7% degli stranieri ha più di 64 anni, tra gli italiani il 22,1%

+ TASSO OCCUPAZIONE PIÙ ALTO: 58,9% tra gli immigrati, 56,0% tra gli italiani.

- OCCUPAZIONE NON QUALIFICATA: la maggior parte fa un lavoro non qualificato (66%).

- MAGGIORMENTE COLPITI DALLA CRISI: nel 2009 il 52,6% era occupato, nel 2015 il 47,0%.

- MINORE STABILITA’: forte presenza di tempo determinato, voucher e minore stabilità.

Per fare chiarezza occorre sapere che i 2,3 milioni di occupati stranieri nel 2015 hanno prodotto ben l’8,8% della ricchezza nazionale con un PIL da 127 miliardi e che, solo nel settore della ristorazione, l’incidenza è del 18,9%. Non solo, perché l’incidenza massima di questo dato si registra proprio in Emilia-Romagna (11,9%).

Tale valore aggiunto non manca neppure dal settore dell’imprenditoria dove dai dati Infocamere del 2015 risulta che su 7.584.776 imprenditori totali, ben 656.662 (8.7%) sono immigrati, dei quali 25,1% comunitari e 74,9% extra-UE, con numeri maggiori nei settori delle costruzioni, del commercio e dell’alloggio-ristorazione appunto. Le imprese condotte da stranieri sono 550 mila (9,1% del totale) e nel 2015 hanno prodotto il 6,7% del Valore Aggiunto totale (96 miliardi).

Infine, dai dati del Ministero delle Finanze sulle dichiarazioni dei redditi 2015 (a.i. 2014), risultano 3,5 milioni i contribuenti immigrati nati all’estero di cui 2,2 milioni versano l’Irpef; hanno redditi più bassi degli italiani (reddito medio immigrati 13.288 euro; autoctoni 20.993 €, = - 7.705 €), ma il volume Irpef dei nati all’estero è pari a 6,8 miliardi di euro (4,5% del totale) con 3.058 euro di Irpef media pro-capite; su questi dati viene stimato un contributo Irpef degli stranieri pari a ben 3,1 miliardi e se a tale cifra si aggiungono le altre entrate (imposte indirette, sui carburanti, lotto e lotterie, tasse su permesso di soggiorno e cittadinanza) per circa 3 miliardi si arriva ad una cifra complessiva non inferiore a 6 miliardi di Euro!

Ma il contributo economico dell'immigrazione costituisce anche un importante sostegno per il sistema nazionale del welfare. Nel 2014 gli occupati stranieri hanno versato 10,9 miliardi di euro di contributi (5% del totale), somma che equivale al pagamento di 640 mila pensioni mentre negli ultimi 6 anni la somma versata ammonta a ben 57 miliardi.

E’ pur vero che si sono da considerare anche le spese, ma nel 2014 la spesa pubblica per l’immigrazione ammontava a 14,7 miliardi di euro, cioè l’1,75% del totale, dove sanità e istruzione sono le voci maggiori, ma se le entrate fiscali e previdenziali assommano a 16,9 miliardi e le spese per l’immigrazione a 14,7 miliardi, il saldo è positivo e pari a 2,2 miliardi di euro. Quini malgrado la bassa produttività, è sotto gli occhi di tutti che l’immigrazione continua ad essere un beneficio per il sistema del nostro paese.

Credo quindi che, oltre a tanti problemi reali da risolvere, qualcosa di buono stia già avvenendo anche nel nostro paese proprio grazie all’impegno di tanti immigrati! Oltre a chi non sa fare altro che rilanciare acriticamente solo le sirene della paura, ci sono per fortuna anche tanti altri, penso ad esempio al personale delle nostre scuole, impegnati quotidianamente per favorire la crescita di una pacifica società plurale attraverso una vera integrazione multiculturale, e mi creda di “pannocchioni” nostrani non abbiamo proprio bisogno!                                                                                                       

 Federico Ghillani